Casi e Questioni
8/10/2024

I reati di bancarotta

I REATI DI BANCAROTTA FRAUDOLENTA – Inquadramento generale.

Con l’espressione “reati di bancarotta” si fa riferimento ad un vasto catalogo di fattispecie di reato, rientranti nel novero dei c.d. reati fallimentari, dirette a sanzionare condotte eterogenee (di distrazione e dissipazione del patrimonio della fallita, di occultamento o distruzione della contabilità etc..) accomunate da due tratti caratteristici fondamentali.

Tutte tali ipotesi di reato, infatti, da un lato richiedono per il loro perfezionamento (in altri termini per poter essere perseguite) che sia intervenuta una declaratoria di fallimento dell’impresa (sia essa condotta da una persona fisica o giuridica) dall’altro risultano accomunate da un’identica ratio da individuarsi nella finalità, perseguita dal legislatore, di salvaguardare, loro tramite, gli interessi dei creditori della fallita1.

E’ significativo che oggetto di rimprovero nei reati di bancarotta siano condotte che, seppure molto differenti tra loro, appaiono accomunate dalla loro idoneità a determinare il pericolo di una diminuzione delle garanzie patrimoniali della fallita o, comunque, di una lesione dei legittimi interessi del ceto creditorio.

Con il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale vengono, infatti, perseguite quelle condotte - di distrazione, occultamento, dissimulazione o dissipazione dei beni aziendali - che si risolvano in un’ingiustificata e volontaria sottrazione dei beni dell’impresa alla loro naturale funzione di garanzia delle passività della medesima, con evidente danno per i creditori della fallita.

Se, poi, con il reato di bancarotta fraudolenta documentale vengono criminalizzate condotte del tutto eterogenee rispetto a quelle cui dianzi si è fatto riferimento - che si risolvono nella sottrazione, distruzione o falsificazione dei libri e delle scritture contabili della fallita – è altrettanto vero che tale fattispecie incriminatrice è finalizzata al perseguimento di una finalità, in buona sostanza, analoga a quella perseguita dalle altre fattispecie di bancarotta fraudolenta, da ricondursi alla necessità di evitare che per il tramite delle condotte di sottrazione, distruzione etc.. dei libri e scritture contabili della fallita venga pregiudicata la possibilità per gli organi fallimentari di ricostruire il patrimonio della fallita ed individuarne gli eventuali asset positivi, con ovvio pregiudizio per gli interessi dei creditori.

Stessa finalità può essere individuata nella previsione del reato di bancarotta fraudolenta preferenziale che sanziona quelle condotte che si risolvano in pagamenti o nella simulazione all’uopo di titoli di prelazione che soddisfacendo uno o più creditori a scapito degli altri finiscano per ledere il principio della c.d. par condicio creditorum2.

Spostando l’attenzione dal piano dell’elemento oggettivo del reato (attinente alle condotte sanzionate ed alle finalità di tutela perseguite dal legislatore) a quello soggettivo, segnatamente al tema dell’individuazione, in concreto, del soggetto da ritenersi responsabile del reato giova sottolineare, in primo luogo, come i reati di bancarotta si caratterizzano per essere reati propri ovvero a soggettività ristretta.

Ciò poiché la norma incriminatrice prevede espressamente che possano essere commessi esclusivamente da soggetti che rivestano peculiari qualifiche: quella di imprenditore fallito, di amministratore della fallita, di liquidatore, di sindaco etc..

Essi costituiscono un’eccezione alla usuale tecnica normativa che in ambito penalistico adotta una strutturazione in forma aperta delle fattispecie di reato con indicazione del soggetto attivo – ovvero del soggetto che può commettere il reato – in termini generici, mediante l’uso del termine “chiunque” tipica dei reati c.d. comuni.  

La circostanza che la norma incriminatrice richieda per la commissione e dunque per la giuridica esistenza del reato una determinata qualifica ha, evidentemente, oltre ad una funzione descrittiva (utile a delineare il perimetro dell’illecito penale) quella di ricollegare la sanzione penale alla violazione dei doveri e responsabilità riconnesse a detta qualifica.

Si potrebbe, in altri termini, affermare che la strutturazione di un reato nelle forme del reato c.d. proprio abbia in buona sostanza la finalità di operare un rimando al catalogo di oneri e responsabilità di volta in volta ex lege previsti per le singole qualifiche da esso contemplate.

Si pensi al reato di bancarotta documentale previsto dall’articolo 216, L.F. che, nei fatti, ricollega la sanzione penale all’omissione dell’obbligo di tenuta – gravante su imprenditori ed amministratori – dei documenti contabili.

In conseguenza di quanto sin qui affermato potranno essere chiamati a rispondere – in primo luogo e a titolo proprio – quei soggetti aventi le qualifiche espressamente individuate dalla norma penale: gli amministratori, i sindaci, i liquidatori etc…

Giova, da ultimo, precisare che la circostanza che una data fattispecie incriminatrice sia strutturata alla stregua di reato proprio non preclude la possibilità di sanzionare eventuali soggetti che – pure non in possesso delle qualifiche previste dalla norma penale – abbiano concorso nella commissione del reato.

In tali casi, ai quali deve ricondursi altresì il concorso del professionista (contabile, commercialista, legale etc..) nel reato di bancarotta, si parlerà di concorso dell’extraneus – vale a dire del soggetto privo della qualifica richiesta – nel reato proprio commesso dal cliente.

Un ultimo inciso in merito riguarda la circostanza che per concorrere nel reato non è necessario che il compartecipe ponga in essere la condotta contemplata dalla fattispecie incriminatrice (di distrazione, dissipazione etc…) prevedendo tale peculiare titolo di responsabilità la possibilità di sanzionare condotte anche differenti da quelle espressamente individuate dalla fattispecie incriminatrice purché in grado di fornire un contributo causale alla verificazione del reato dovendosi intendere per contributo causale ogni apporto fornito dal concorrente che abbia avuto una concreta incidenza sulla verificazione del reato.

di Pietro Pietrafesa – Avvocato Cassazionista

Scrivi ad un consulente di Studio Cavour

Thank you! Your submission has been received!
Oops! Something went wrong while submitting the form.